"La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale."
Louis Loumière

mercoledì 25 febbraio 2015

Si alza il vento: e il Maestro ci saluta

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L'ultimo film del celebre regista giapponese Hayao Miyazaki non poteva che essere un meraviglioso capolavoro.
Stiamo parlando di Si alza il vento, prodotto nel 2013 dallo Studio Ghibli per “salutare” il suo caro maestro, prossimo alla pensione.
Che dire, secondo me ci sono riusciti.
Si alza il vento è tutto: è un film, è un cartone animato, è storia, è poesia, è amore, è Miyazaki stesso che si racconta e si confida.
Non è facile recensire un capolavoro del genere, specialmente dopo averlo visto solo una volta.
Al pari di tanti altri film Ghibli, questa meraviglia va vista e rivista per poterla comprendere appieno nella sua totalità.
E anche alla decima visione, riuscireste a cogliere sfumature sempre più nuove.
Questo perché Miyazaki non è mai stato un tipo semplice, lo sanno bene i suoi cari seguaci e l'Academy Awards, che proprio per questo motivo (suppongo) ha preferito offrire l'oscar al canterino Frozen.


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Critiche a parte, concentriamoci ora sul film: la vicenda narra la storia realmente esistita di Jiro Horikoshi, ingegnere aeronautico giapponese nonché inventore del Mitsubishi A6M Zero, aereo militare utilizzato nella seconda guerra mondiale.
L'ambientazione è quindi quella del Giappone anni '30, un periodo decisamente delicato per una nazione prossima al conflitto: a fare da sfondo troviamo quindi tematiche storiche, come la crisi economica di quegli anni e il devastante terremoto di Kanto del 1923, realizzato in maniera tanto realistica da suscitare un forte impatto emotivo (terra che si frattura in rosso su sfondo nero, case che si sollevano, boati).

Jiro è un sognatore, un uomo che ama gli aerei fin da quando era bambino. È da allora che inizia a sognare Giovanni Caproni, l'ingegnere aeronautico italiano nonché suo grande ispiratore.
È in Caproni che Jiro troverà un grande confidente, un mentore presso il quale rifugiarsi: attraverso i sogni i due parlano della realtà, esprimendo con un certo rammarico il triste destino degli aeroplani che costruiscono e che tanto amano.

Tutti gli aerei, infatti, sono destinati alla guerra e a essere distrutti.
Accanto a questa vicenda se ne frapporrà un'altra, quella della storia d'amore tra Jiro e Nahoko: un amore che nasce così, quasi per caso, e che sarà vissuto in toto dai due protagonisti.
Difficile non ammorbidirsi di fronte alla loro storia, tanto reale ed empatica.
Approfondirla adesso rovinerebbe la magia che l'attornia, perciò qui mi fermo.

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Come già ho avuto modo di dire all'inizio, in Si alza il vento troviamo anche Miyazaki stesso, un po' ovunque a dire il vero: nello stile artistico, inconfondibile, nella scelta delle musiche (mandolino, pianoforte e archi sono il must di questa colonna sonora), nei personaggi di Jiro e Caproni, il primo sognatore quanto lui e il secondo un grande maestro prossimo alla pensione (non a caso i pensieri di Caproni riflettono quelli di Miyazaki) e, infine, nei poetici dialoghi.
Senza contare che Caproni stesso è italiano, una nazione che il regista adora e che ha già avuto modo di esaltare nei suoi lavori precedenti (e noi ricambiamo acquisendo il film per ultimi e lasciandolo al cinema appena 4 giorni...sorvoliamo).

Difficile trovare critiche oggettive verso un capolavoro tanto bello: le più gettonate riguardano la lentezza del film (ben 2 ore e qualcosa), l'introduzione di scene troppo lunghe di per sé e facilmente eliminabili. Una nota negativa che per me non trova alcun riscontro, visto che il film risulta sì lungo ma, almeno per quanto mi riguarda, per nulla appesantito.
Il ritmo del resto è quello classico di Ghibli, caratterizzato da lunghi momenti di silenzio e scene mantenute per più tempo sullo schermo.
Il cinema di Miyazaki è fatto così e non si può cambiare: o lo si ama o lo si odia, difficile mantenere una via di mezzo.
Ed io, personalmente, lo amo.


Grazie, Maestro

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lunedì 23 febbraio 2015

Oscar a Big Hero 6?? ...Parliamone.

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Anche stavolta la Disney si è beccata il suo Oscar 2015 nel “miglior film di animazione”, spodestando le eterne rivali Ghibli e Dreamworks ma anche il potenziale “Song of the sea”, capolavoro irlandese di Tomm Moore (e che probabilmente non vedremo mai tradotto in italiano, evviva!).
La statuetta miracolosa è andata a Big Hero 6, il film di Natale di quest'anno.
Meritato? Ma anche no.
Vi ricordate cosa dissi di Frozen? Del fatto che la Disney stava sprecando il suo tempo prezioso creando “film fantocci”? Ecco, ci risiamo.
Solo che stavolta il fantoccio è diretto protagonista.
Già, perché la storia di Big Hero ruota unicamente attorno alla vicenda di un bambino e del suo...pupazzo-guaritore-robot Baymax, che ricorda vagamente l'omino di una nota fabbrica di gomme per auto (chi ha orecchie per intendere...).
Comunque sia, niente di nuovo sul fronte narrativo: la solita banale storia del bambino che (rullo di tamburi) ha perso i genitori da piccolo e che, per esigenze di masochismo nonsense, perderà anche il fratello in un incendio divampato a caso.
Yeah, così si fa.
Il bambino si rifugerà allora in Baymax, il robot creato dal fratello defunto il cui scopo è quello di “guarire” le persone.


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Che bella cosa.
Peccato che l'iniziativa dura sui 5 minuti, poiché la trama si stravolge come al solito: arriva un cattivo misterioso, Baymax diventa un combattente buono (ma non era un infermiere?) e Hiro (il bambino) compone una squadra di supereroi NERD (mi raccomando eh, ricordatevelo perché questa “qualità” ve la ripeteranno per tutto il film. Giusto per dare un tocco di classe agli stereotipi, insomma).
Si scopre che il fratello è morto per niente (e che effettivamente poteva essere salvato ma...vabbè) e che il cattivo è cattivo per un motivo ancora più futile delle bretelle di Tonio Cartonio.
Poi ci sarà il solito finale strappalacrime, ma è talmente scontato che l'unica cosa che riuscirà a strappare sarà uno sbadiglio annoiato.
Insomma, la parola d'ordine per definire questo film è: Illogico.
Una trama con il solito potenziale, stavolta chiamato Fumetto Marvel, che non è stato sfruttato.
E nonostante tutto questo, mi ritrovo ancora a battibeccare con Disneyani estremisti che esaltano Big Hero e denigrano un capolavoro come Dragon Trainer 2.
Per la carità, sono la prima a evidenziare le lacune di Dragon, ci mancherebbe altro: l'eccessiva impronta a “macchietta” data a Furia Buia (che poi, nel finale, macchietta non lo è mica tanto), la scarsa importanza attribuita agli amici di Hiccup e, soprattutto, al cattivo.


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Ma...ma...
Non si può assolutamente fare un lavoro di paragone a livello di trama. In Dragon Trainer 2 abbiamo sì le stesse tematiche (amore, amicizia, morte) ma con un intreccio mooolto più complesso e profondo, capace di smuoverti dentro e farti balzare sulla poltrona.
Personalmente mi sono commossa non tanto sul finale (strappalacrime per davvero, altro che!) quanto, piuttosto, sul semplice e intenso momento di ritrovo tra la madre e il padre di Hiccup.
Emozioni allo stato puro, da pelle d'oca.
Non voglio trascurare nemmeno gli altri due film in lizza che, tuttavia, non ho ancora avuto l'onore di vedere. A giudicare dai trailer e dagli stili utilizzati una possibilità se la sarebbero meritati anche loro; premiare l'originalità è qualcosa che conviene sempre!


Un assaggio del film "Song of the Sea"
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Concludo con una piccola dedica ai Disneyani accaniti: ragazzi, anche io amo la Disney.
Ma non la amo normalmente, la amo follemente.
Nel senso che a 23 anni suonati mi sparo quotidianamente tutti i cartoni in edizione speciale doppio-disco mentre il mio ragazzo si dispera e fugge.
Tuttavia bisogna anche fare un po' di sana autocritica e condannare là dove la Disney fallisce.
Se continuate a difenderla in toto, non farà altro che sbagliare.

E noi questo, non lo vogliamo. Vero?



Dedico questa critica cattivissima al mio amico Marco, che ama Baymax.