Premessa: per la serie di American ho deciso di rompere un po' le righe della formalità, in modo da potervi scrivere il mio parere a caldo e avere da subito un buon riscontro.
Divertitevi!
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Iniziamo dal voto: 7
E’ nel complesso una bella fiction, l’unica su questo pianeta
che è riuscita a “spaventarmi”.
Diciamocelo, l’horror di oggi è una cagata
pazzesca! (cit.)
Gli attori e in generale la storia riescono a essere molto
inquietanti; ciò è dovuto probabilmente al fatto che entrambi i
registi hanno saputo far leva sulle nostre paure preferite
incanalandole in tutti quei soggetti “socialmente innocui” e, per
questo, inconsciamente temuti: bambini, diversamente abili, anziani e
neonati.
La storia non è poi così originale, ruota tutto attorno a una
casa stregata e ai suoi orrori.
Ciò che rende interessante la
fiction è, come ho detto, l’insieme dei personaggi, le loro
singole storie e i loro retroscena.
Ognuno è diverso dall'altro, misterioso e legato a episodi del
passato che scopriamo puntata per puntata attraverso flashback. Tutti
sanno stare al loro posto; anche il più antipatico riesce ad avere
un suo perché e convincere gli spettatori.
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Mi è piaciuta molto anche la scelta degli attori, tutti
bravissimi e capaci di immedesimarsi in soggetti difficilmente
rappresentabili (sfido chiunque a recitare certe scene!).
Non
mi sono stupita di ritrovarli tutti (o quasi) nella seconda stagione!
Un applauso va in particolare alla bravissima Jessica
Lange (la cui voce e movimenti ricordano parecchio
l’affascinante Meryl Streep) e alla sua bravissima
doppiatrice Micaela Esdra (la stessa che
doppiò Helena Carter in Fight Club…a buon intenditore!).
Un
altro attore da riempire di lodi è il giovane Evan
Peters, futura star del cinema e innovativo “James Dean
dell’horror”.
Bello, tenebroso e bravissimo nel suo
ruolo.
Altro che vampiri sbrilluccicosi!
Un’altra cosa che mi ha colpito nella fiction è il vasto
insieme di tematiche che tratta.
Già dalla prima puntata si
capisce che American Horror Story non è un horror come tutti gli
altri.
La storia fa leva sulle nostre paure e i nostri
desideri più nascosti, sulla perversione e su tutti quei tabù che
accompagnano la vita di ogni essere umano.
Troviamo figure e tematiche “socialmente scandalose”,
che mirano da una parte a suscitare paura ma, dall'altra, ad aprire
una feroce critica sulla società del ventunesimo secolo: coppie gay
che vogliono avere figli e vivere come tutti gli altri, bambini down
coinvolti in un rapporto sadico e morboso con i propri genitori,
adolescenti trascurati che non riescono a essere capiti dal mondo e
che, per questo, si tramutano in mostri violenti e disperati
(terrificante la scena degli omicidi nel college, un’amara verità
americana).
Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti,
nessuno sfugge alla denuncia di questa fiction innovativa.
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Ma allora perché questo scarso 7 di voto?
Una cosa, purtroppo,
mi è dispiaciuta di tutta la storia: il finale.
Dopo aver
guardato ben 11 puntate con il fiato sospeso, la paura negli occhi e
mille domande per la testa, ecco che arriva la conclusione a far
crollare (o quasi) l’enorme lavoro dei registi.
Uno sbaglio dietro l’altro.
La fiction, da seria
qual’era, termina con un finale nonsense, ironico e patetico
rispetto a tutta la sostanza.
E’ come se i registi si
fossero accorti di avere poco tempo a disposizione e avessero preferito
concludere tutto in fretta e furia, senza tener minimamente conto del
filo logico dell’intera storia.
Mi sono vista davanti personaggi senza uno scopo, momenti di
serietà rovinati da omicidi accidentali e ironici nello stile de “Le
Comiche” (ci mancavano solo le onomatopee CRASH, SOB, BUM dei fumetti, davvero).
!!!SPOILER!!! (FINALE)
Vivien muore di parto. Ci può
anche stare, visto che ospitava nel suo ventre un adorabile non
morto.
Il padre, ancora vivo, riceve in affido questo
bambino e promette alla moglie fantasma di amarlo e di vivere
esclusivamente per lui.
Fin qua tutto bene, è una promessa
e il momento è toccante (come sapete Vivien compare nel momento in
cui Ben tenta il suicidio per raggiungerla).
…E cosa succede, poi?
Cinque secondi dopo il marito viene
fermato dai poltergeist della casa, che prendono il bambino senza un
motivo valido (tenerselo? Non sembra, visto che se lo fanno sfuggire
poco dopo) e uccidono Ben.
Ho ancora nella testa l’immagine
di Vivien con il broncio/mezzo sorriso, le braccia conserte e il suo
scuotere la testa con fare ironico, rassegnato.
Ben, fantasma, le
compare vicino alzando le spalle del tipo OPS! CHE PASTICCIO!
Ma dove stiamo, alla
Premiata Ditta?
Segue poi la vicenda della famiglia fantasma riunita (Vivien,
Violet e Ben) che cerca di far scappare i nuovi acquirenti della casa
facendo vere e proprie scenette alla Paperissima Sprint.
Ci
mancavano solo le paperelle e il Ballo del Qua Qua in
sottofondo.
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Per il resto, nulla da aggiungere.
Questo è solo un mio
parere personale, ho sentito molti di voi esprimere pareri bellissimi
su questo finale.
Forse sono io a non comprenderlo; forse questa
chiusura è l’ennesimo scacco matto dei registi per
aumentare un’ultima volta la stranezza della fiction.
Non
so, ragazzi.
Mi aspettavo una conclusione molto più horror
e raccapricciante, più chiusa, lugubre, degna di questa fiction
superpremiata e amata da tutti, persino dalla critica!
Voi che ne pensate? Lasciate un commento!
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