"La mia invenzione è destinata a non avere alcun successo commerciale."
Louis Loumière

giovedì 13 marzo 2014

Un Giudizio su American Horror Story - Murder House

Premessa: per la serie di American ho deciso di rompere un po' le righe della formalità, in modo da potervi scrivere il mio parere a caldo e avere da subito un buon riscontro. 
Divertitevi!

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Iniziamo dal voto: 7
E’ nel complesso una bella fiction, l’unica su questo pianeta che è riuscita a “spaventarmi”. 
Diciamocelo, l’horror di oggi è una cagata pazzesca! (cit.)
Gli attori e in generale la storia riescono a essere molto inquietanti; ciò è dovuto probabilmente al fatto che entrambi i registi hanno saputo far leva sulle nostre paure preferite incanalandole in tutti quei soggetti “socialmente innocui” e, per questo, inconsciamente temuti: bambini, diversamente abili, anziani e neonati. 
La storia non è poi così originale, ruota tutto attorno a una casa stregata e ai suoi orrori. 
Ciò che rende interessante la fiction è, come ho detto, l’insieme dei personaggi, le loro singole storie e i loro retroscena. 
Ognuno è diverso dall'altro, misterioso e legato a episodi del passato che scopriamo puntata per puntata attraverso flashback. Tutti sanno stare al loro posto; anche il più antipatico riesce ad avere un suo perché e convincere gli spettatori. 

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Mi è piaciuta molto anche la scelta degli attori, tutti bravissimi e capaci di immedesimarsi in soggetti difficilmente rappresentabili (sfido chiunque a recitare certe scene!). 
Non mi sono stupita di ritrovarli tutti (o quasi) nella seconda stagione!
Un applauso va in particolare alla bravissima Jessica Lange (la cui voce e movimenti ricordano parecchio l’affascinante Meryl Streep) e alla sua bravissima doppiatrice Micaela Esdra (la stessa che doppiò Helena Carter in Fight Club…a buon intenditore!). 
Un altro attore da riempire di lodi è il giovane Evan Peters, futura star del cinema e innovativo “James Dean dell’horror”. 
Bello, tenebroso e bravissimo nel suo ruolo. 
Altro che vampiri sbrilluccicosi!

Un’altra cosa che mi ha colpito nella fiction è il vasto insieme di tematiche che tratta. 
Già dalla prima puntata si capisce che American Horror Story non è un horror come tutti gli altri. 
La storia fa leva sulle nostre paure e i nostri desideri più nascosti, sulla perversione e su tutti quei tabù che accompagnano la vita di ogni essere umano. 
Troviamo figure e tematiche “socialmente scandalose”, che mirano da una parte a suscitare paura ma, dall'altra, ad aprire una feroce critica sulla società del ventunesimo secolo: coppie gay che vogliono avere figli e vivere come tutti gli altri, bambini down coinvolti in un rapporto sadico e morboso con i propri genitori, adolescenti trascurati che non riescono a essere capiti dal mondo e che, per questo, si tramutano in mostri violenti e disperati (terrificante la scena degli omicidi nel college, un’amara verità americana). 
Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti, nessuno sfugge alla denuncia di questa fiction innovativa. 

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Ma allora perché questo scarso 7 di voto?
Una cosa, purtroppo, mi è dispiaciuta di tutta la storia: il finale
Dopo aver guardato ben 11 puntate con il fiato sospeso, la paura negli occhi e mille domande per la testa, ecco che arriva la conclusione a far crollare (o quasi) l’enorme lavoro dei registi. 
Uno sbaglio dietro l’altro. 
La fiction, da seria qual’era, termina con un finale nonsense, ironico e patetico rispetto a tutta la sostanza. 
E’ come se i registi si fossero accorti di avere poco tempo a disposizione e avessero preferito concludere tutto in fretta e furia, senza tener minimamente conto del filo logico dell’intera storia. 
Mi sono vista davanti personaggi senza uno scopo, momenti di serietà rovinati da omicidi accidentali e ironici nello stile de “Le Comiche” (ci mancavano solo le onomatopee CRASH, SOB, BUM dei fumetti, davvero). 


!!!SPOILER!!! (FINALE)
Vivien muore di parto. Ci può anche stare, visto che ospitava nel suo ventre un adorabile non morto. 
Il padre, ancora vivo, riceve in affido questo bambino e promette alla moglie fantasma di amarlo e di vivere esclusivamente per lui. 
Fin qua tutto bene, è una promessa e il momento è toccante (come sapete Vivien compare nel momento in cui Ben tenta il suicidio per raggiungerla). 
…E cosa succede, poi?
Cinque secondi dopo il marito viene fermato dai poltergeist della casa, che prendono il bambino senza un motivo valido (tenerselo? Non sembra, visto che se lo fanno sfuggire poco dopo) e uccidono Ben. 
Ho ancora nella testa l’immagine di Vivien con il broncio/mezzo sorriso, le braccia conserte e il suo scuotere la testa con fare ironico, rassegnato.
Ben, fantasma, le compare vicino alzando le spalle del tipo OPS! CHE PASTICCIO!
Ma dove stiamo, alla Premiata Ditta? 
Segue poi la vicenda della famiglia fantasma riunita (Vivien, Violet e Ben) che cerca di far scappare i nuovi acquirenti della casa facendo vere e proprie scenette alla Paperissima Sprint. 
Ci mancavano solo le paperelle e il Ballo del Qua Qua in sottofondo. 

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Per il resto, nulla da aggiungere. 
Questo è solo un mio parere personale, ho sentito molti di voi esprimere pareri bellissimi su questo finale. 
Forse sono io a non comprenderlo; forse questa chiusura è l’ennesimo scacco matto dei registi per aumentare un’ultima volta la stranezza della fiction. 
Non so, ragazzi. 
Mi aspettavo una conclusione molto più horror e raccapricciante, più chiusa, lugubre, degna di questa fiction superpremiata e amata da tutti, persino dalla critica!

Voi che ne pensate? Lasciate un commento!

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